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Il Cliente, Questo Sconosciuto

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L’evoluzione delle dinamiche Cliente-Azienda

Dal dopoguerra fino agli ultimi anni del secolo scorso, per la maggior parte delle imprese, tutte occupate a fabbricare, il Cliente era considerato una inevitabile seccatura, con cui bisognava trattare per continuare a produrre, ma a cui non si doveva dedicare tempo per non distrarre troppo i dipendenti dal loro lavoro.

Per vendere c’erano i venditori, allora chiamati viaggiatori e piazzisti, la cui principale abilità professionale era appunto viaggiare e il cui compito era “caricare” il cliente, in modo che per un po’ di tempo smettesse di importunare i lavoratori.

L’imprenditore non andava in ufficio, o in ditta, ma andava in fabbrica o in stabilimento.

Spesso i venditori erano accusati dai manager, di essere i rappresentanti dei clienti anzichè delle società che li pagavano, e per questo erano vilipesi e additati al pubblico ludibrio.

Per le banche, il problema non si poneva, perché il cliente era un suddito querulo e questuante, che osava chiedere soldi in prestito quando ne aveva bisogno, pagando un interesse spesso a due cifre, e talvolta pretendeva di non genuflettersi davanti al Direttore.

La comparsa del CRM e le nuove dinamiche del Marketing

Alla fine degli anni ’90, dall’America cominciò a spirare anche sull’Italia la ventata del CRM [Customer Relationship Management = Governo della relazione con il cliente, n.d.r. ].

Il marketing di massa stava perdendo colpi, i tassi di crescita della pubblicità generale, fino allora a due cifre, diminuivano fino ad invertire la tendenza, i guru della consulenza internazionale di management, fra i quali Drucker, occupati fino a quel momento a riflettere su Taylorismo, Fordismo, Organizzazione e Management, si accorgevano del Cliente e del fatto, non del tutto marginale, che se i clienti avessero abbandonato gli acquisti, le aziende sarebbero fallite.

Ciò contribuì a diminuire fortemente l’enfasi con la quale si esecrava il consumismo.

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La creazione di software per governare la relazione con il cliente

I grandi produttori di software, Oracle, Sas, Siebel, Sap e molti altri, nel frattempo cominciavano a promettere alle imprese, prima solo grandi e via via sempre più piccole, che avrebbero potuto finalmente impadronirsi del trucco tecnologico per governare la relazione con il cliente.

Si chiamava CRM, costava un po’ caro, ma avrebbe automatizzato il miglioramento delle relazioni col cliente, rendendolo più conosciuto, accondiscendente e soprattutto, più fedele.

La moltiplicazione dei Touch Point

L’illusione non poteva durare e infatti non è durata.

Nel frattempo la tecnologia digitale frantumava i pochi mezzi di comunicazione con i quali le aziende comunicavano con i loro mercati, per parlare e per vendere, moltiplicando i “touch point”, come dice chi vuole apparire raffinato, e presentava modelli di successo come Amazon, Facebook, LinkedIn e molti altri, che insieme ai telefonini, permettono a tutti di entrare in contatto con chiunque, in qualsiasi momento e con qualsiasi mezzo, tranne che con i propri vicini, ciascuno dei quali avvinto al proprio telefonino.

Il modello che non contempla la capacità d’ascolto dell’essere umano

L’e-mail marketing, i social e gli smartphone sono la soluzione di tutti i problemi e se non funzionano è perché non si è capaci di usarli.

In questo mondo di favola, pochi si accorgevano che il moltiplicarsi dei mezzi toglieva un po’ di potere a ciascuno, perché un fattore risultava non modificabile, ed è la capacità d’ascolto dell’essere umano. E mentre si moltiplicano i canali di comunicazione,

s’impoverisce la qualità e il contenuto della comunicazione stessa,

per cui i giovani non sanno più né parlare, né scrivere, né far di conto.

Centralità del cliente vs Centralità del fornitore

Infatti il cervello nel borsello, che talvolta si dimentica qua e là, non ha intelligenza, ma solo memoria.

Recentemente mi è capitato di partecipare ad un convegno molto interessante, intitolato “La centralità del cliente”, organizzato da imprese che volevano promuovere i loro servizi.

La sala era colma di clienti, ai quali non è stato consentito di formulare nemmeno una domanda sugli argomenti trattati da sei o sette relatori, alcuni certamente meritevoli di approfondimento.

Perché non dire la verità e intitolare il convegno “Centralità del fornitore”? Tutti i relatori hanno disquisito soprattutto sui mezzi di comunicazione per raggiungere il cliente, delle loro potenzialità e dei loro limiti.

Non uno si è soffermato sulla qualità della comunicazione, che è ciò che la consente, su ciò che può interessare davvero il cliente come persona e non solo come acquirente.

La pretesa di conoscerlo semplicemente possedendo migliaia di dati illeggibili, che vengono scambiati per informazioni e che dovrebbero imbottigliare per sempre il cliente pretendendo di sapere cosa vuole, è semplicemente patetica.

Customer Dissatisfaction

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Zalando mi scrive che gli manco e lo capisco: è un po’ che non compro. Ma poi mi dice che conosce i miei gusti e questo è bizzarro. Nemmeno mia moglie, oggi, conosce i miei gusti, e anche lei, come Zalando, mi consegna taglie sbagliate.

C’è un solo modo per sapere cosa vuole un cliente in quel momento: è chiederglielo. Ma sembra non venire in mente a nessuno.

Nemmeno alle imprese che hanno senza saperlo, il più efficace strumento di CRM in casa, con il quale dialogano un’infinità di clienti, dando e ricevendo informazioni preziose che vengono disperse e che viene considerato normalmente un centro di costo.

Invece il Servizio Clienti, o Customer Service come si preferisce chiamarlo, potrebbe diventare, senza troppi sforzi, un vero, efficace centro di profitto.

Al contrario, spesso, costa soldi per generare customer dissatisfaction.

L’articolo è stato scritto dal Dott. Ugo Clima, presidente di Mercurio Misura srl.